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domenica 7 febbraio 2016

Minori e cultura dell'elemosina

Articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud del 6/02/2016
Bruna Larosa

Ogni giorno ai semafori in città si incrociano persone che chiedono l’elemosina, molte di loro si fanno accompagnare da bambini, a volte anche piccolissimi, che vengono esposti allo smog e alla pietà delle persone forse con lo scopo di raccogliere offerte più generose. La situazione in città è molto diffusa e tutti ne sono a conoscenza e ipotizzano soluzioni e impegni che, a loro avviso, potrebbero migliorare le cose. «Quando vedo queste scene mi sento dispiaciuto – afferma in proposito Luigi Caruso, negoziante - perché questi bambini sono sfruttati. D’altra parte loro nascono in quel contesto e acquisiscono la cultura della strada, proprio per questo non so cosa si potrebbe fare: è una mentalità, una consuetudine. Si potrebbe magari mettere un divieto, affinché gli adulti non possano portarli con sé, ma non credo funzionerebbe, purtroppo». Anche altri sono dello stesso avviso: «Credo che i genitori sbaglino enormemente a esporre così i loro figli – commenta Massimo Bosco, imprenditore - ma sono poco fiducioso del fatto che si possa far qualcosa per arginare questo fenomeno qui da noi». Vi è anche la possibilità che chiedere l’elemosina con dei bambini non sia una scelta, ma una contingenza: «sarebbe una cosa ottima non portare i bambini, soprattutto i neonati, ai semafori – osserva Francesca Muoio, casalinga - ma bisogna trovare dove lasciarli! Si potrebbe provvedere a istituire una sorta di asilo dove tenere questi piccoli in sicurezza o aiutare i genitori a trovare un lavoro». Un tema caldo che coinvolge praticamente tutti, tanto che in molti hanno ammesso di aver pensato più volte alle difficoltà e alla durezza della vita per questi minori: «ho sempre pensato a quei bambini e bambine lì fermi ai semafori e mi sono sempre chiesta il perché nessuno li tuteli – commenta Giuseppina Biondi, ingegnere – non si dovrebbe permettere che queste povere anime stiano lì, in situazioni comunque di pericolo. Tutti passano davanti ai loro occhi, tutti sanno che ci sono, ma vengono dimenticati dopo che si è alzato il finestrino della macchina. Non dovrebbero essere usati per intenerire e far elargire denaro. Una vergogna! Non so quali siano gli iter da seguire per migliorare le cose e non conosco le leggi a riguardo ma trovo comunque vergognoso che questa situazione continui da tempo». È abbastanza chiaro che in determinati contesti sociali chiedere l’elemosina sia un lavoro che coinvolga tutti i membri della famiglia, sebbene nella nostra cultura e secondo il nostro ordinamento le cose non siano propriamente così: «l'accattonaggio con minori è, a mio avviso, una tra le più vergognose forme di violenza perpetrate ai danni dei bambini e andrebbe, pertanto, contrastata anche legalmente – commenta Nunzia Procida, laureata in Linguaggi dello spettacolo, del cinema e del video - se è vero che i genitori nomadi approfittano della presenza dei figli per impietosirci non possiamo non ammettere la nostra connivenza dando (o meno) loro una moneta per evitarne lo sguardo. Ma l'elemosina, per i Rom, è anche una questione culturale: questa per loro è una forma di lavoro; un lavoro che possono svolgere tutti, minori inclusi. Messa così, potremmo chiederci: è giusto che un minore lavori? È giusto che un minore non possa decidere del proprio futuro? No. Credo sia necessario vengano elaborate delle proposte politiche per evitare la ghettizzazione di nuove generazioni di nomadi tali da garantire la loro integrazione attraverso il supporto dei servizi sociali presenti sul territorio».

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