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sabato 15 gennaio 2011

Il mio part-time all'Unical

di Bruna Larosa


Sono moltissimi gli studenti, principalmente fuori sede, che per aiutare la famiglia a far fronte alle spese universitarie accostano allo studio delle attività lavorative. Gli Atenei sono coscienti di ciò tanto da prevedere dei bandi specifici in cui si offrono dei contratti part-time relativi a mansioni da svolgere all’interno dell’università stessa. La vita universitaria, così, oltre a presentare molteplici possibilità di crescita e socializzazione offre anche la possibilità di misurarsi in attività da svolgere parallelamente allo studio. Le attività degli studenti sono organizzate e pensate per favorire un’esperienza costruttiva; ad oggi i part-time si occupano anche di gestire il rapporto con altri studenti, in primo luogo matricole, aiutando l’Università stessa ad abbattere quelle forme di timidezza o di difficoltà relazionale che possono insorgere all’inizio della vita accademica.

Proprio in questa prospettiva il lavoro degli studenti part-time è stato anche richiesto per i ‘corsi di azzeramento delle competenze’ svoltisi negli scorsi anni a favore dei neo iscritti. Proprio in tale contesto, nella veste di tutor ha operato Paola Pizzonia, una studentessa di Vibo Valentia, che ci ha raccontato la sua esperienza di ‘ragazza part-time’presso la Facoltà di Farmacia dell’Unical.


Quando ha svolto il suo periodo di part-time e quale ruolo ha ricoperto?
Ho iniziato il mio periodo di part-time nel 2008 presso la Facoltà di Farmacia, io frequentavo la specialistica e ormai ero al primo anno fuori corso. Il mio compito, come anche per gli altri tutor, era quello di supportare le attività legate al normale svolgimento dei corsi di azzeramento erogati a favore delle matricole.


Cosa si aspettava da questa esperienza?
La realtà mi ha stupita e conquistata: ho trovato un ambiente piacevole e propositivo. Prima di iniziare il lavoro ero molto preoccupata principalmente per il carattere sperimentale del progetto di tutoraggio in cui ero rientrata. Il 2008, infatti, è stato il primo anno che l’Università della Calabria ha offerto dei posti di lavoro part-time in quella posizione.


Come ha affrontato questo periodo e le incertezze dovute alla novità del ruolo?
Scherzando con i colleghi ci definivamo delle cavie, poiché si stava sperimentando su di noi se l’idea di porre degli studenti come tutor fosse buona o meno. Nonostante la sensazione di far parte di un esperimento però, è stata un’esperienza formativa, professionalizzante che ci ha arricchito molto. Sia io che i ragazzi coinvolti nel progetto siamo molto cresciuti sotto diversi punti di vista.


Spesso i ragazzi preferiscono non presentare la domanda poiché temono di ‘perdere’ del tempo utile da dedicare allo studio, lei cosa ne pensa?
In realtà anche io, come tutti, mi sono posta questo stesso interrogativo: riuscirò a conciliare lavoro e studio? Poi mi son resa conto che in tutta la mia esperienza universitaria non avevo mai studiato 24 ore su 24, anzi, il più delle volte le ore di studio vero e proprio erano state davvero poche. Consapevole di ciò ho deciso di lanciarmi nell’avventura del part-time, non senza qualche preoccupazione per le responsabilità che mi sarei dovuta assumere.


A proposito delle responsabilità, hanno appesantito il suo modo di vivere l’università?
Paradossalmente le responsabilità di quel lavoro mi hanno maturata e non le ho vissute come un peso; si sono rivelate addirittura uno stimolo a studiare di più in quel periodo!


Che tipo di rapporto si è instaurato con gli altri ragazzi impegnati nella tua stessa attività, li senti ancora?
Mi son trovata in una squadra con altri studenti, molti dei quali più giovani di me d’età ciò, però, non mi ha impedito di stringere delle belle amicizie e di trovarmi in forte sintonia con alcune di queste persone. Anche il rapporto con i supervisors-tutors si è fatto così stretto che gli stessi hanno organizzato una serata per ritrovarci e trascorrere un po’ di tempo insieme. Ad oggi sono rimasta in ottimi rapporti con le persone con cui avevo legato tanto che non perdiamo occasione di sentirci e ricordare la bella esperienza. Con alcuni addirittura ci siamo ritrovati dopo un bel po’ di tempo che era finito il part-time e non avevamo avuto più modo di sentirci. Un’esperienza di lavoro positiva riesce a far creare un legame molto stretto tra colleghi, un legame che diversamente non ci sarebbe.


Consiglierebbe questa esperienza ad altri?
Certamente: assumersi qualche responsabilità fa sempre bene. Non trascuro certo, di sottolineare il valore umano che io stessa ho riscontrato in questa esperienza e che ritengo sia l’aspetto più bello e profondo, al di là di quello puramente professionalizzante. Anzi se dovessi presentare a qualcuno il part-time inizierei proprio a parlare dei potenziali rapporti umani che porta con sé il lavoro di squadra e che, dal mio punto di vista, costituisce senza dubbio uno dei principali punti di forza del part-time universitario.







Pubblicato sul n. 2 di Mezzoeuro in edicola da sabato 15 gennaio.

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